La mia esperienza tra una libreria e la RAI

Nel corso della mia vita ho avuto diverse esperienze lavorative, più o meno importanti. Ho fatto da babysitter, ho dato ripetizioni, ho collaborato saltuariamente alla contabilità dell’azienda di famiglia. Ma le due esperienze che mi hanno segnata davvero, quelle che considero i miei primi veri lavori, sono state due: la libreria e la RAI. Due mondi completamente diversi, due facce opposte del lavoro in Italia.

La mia prima esperienza lavorativa stabile è iniziata in una piccola libreria di Roma, di proprietà di un amico. All’inizio doveva essere un lavoro leggero, part-time, soprattutto per aiutare con la gestione dei social e delle comunicazioni online. Poi, con l’arrivo della pandemia, le cose sono cambiate. Quella libreria, per non chiudere, ebbe la prontezza di reinventarsi: cominciammo a vendere e spedire libri online, adattandoci alle nuove regole. All’inizio facevo qualche post sui social, poi sono arrivate le spedizioni, i pacchetti, le email, i corrieri, i clienti da seguire.

Da tre giorni alla settimana passai presto a lavorare tutti i giorni, spesso anche nel weekend, fino a diventare un lavoro fisso 7 su 7. Le giornate erano lunghe: la mattina si apriva presto, intorno alle sette, e si finiva nel tardo pomeriggio, dopo il passaggio dei corrieri, verso le sei. Tra un ordine e l’altro, rispondevo ai clienti, gestivo le vendite online e spesso mi trovavo a mangiare di corsa, in piedi, mentre preparavo pacchi. Nonostante la fatica, per un periodo mi sembrava di stare costruendo qualcosa. Mi piaceva sentirmi utile, necessaria, indispensabile. Ma col tempo ho capito che stavo sacrificando troppo: non avevo più tempo per me stessa, non riuscivo a studiare, a fermarmi, a respirare. Era un ciclo continuo, un lavoro totalizzante che mi aveva completamente risucchiata.

Ripensandoci oggi, so che quell’esperienza mi è servita. Mi ha insegnato quanto sia facile confondere la dedizione con lo sfruttamento, la passione con l’abitudine. Mi ha insegnato che la responsabilità non deve mai trasformarsi in una gabbia. E spesso queste esperienze negative sono legate a contesti di inesperienza, dove magari ecco si identifica il datore di lavoro come un amico a cui stai dando una mano e per cui sei disposto anche a fare di più. Ragionamento totalmente sbagliato, ma che da ragazzina non potevo fare minimamente. In ogni caso, avevo approfondito ad altri aspetti di questa esperienza  in questo articolo.

L’ingresso in RAI: un altro mondo

Poi, a fine 2020, è arrivata la chiamata dalla RAI. E con lei, la svolta. Entrare a Saxa Rubra, dopo mesi di caos, è stato come arrivare in un altro universo: regole, diritti, orari precisi, stipendi puntuali, ferie, mensa, straordinari riconosciuti. All’inizio mi sembrava un sogno, quasi irreale. Eppure era tutto vero.
Lì ho scoperto cosa significa lavorare in un ambiente organizzato, dove il tempo è rispettato, le persone sono tutelate e ogni ruolo ha un valore. Dopo mesi di corse e improvvisazioni, mi trovavo finalmente in un contesto dove il lavoro aveva dignità.
Avevo una pausa pranzo regolamentata, una mensa vera, un badge, la possibilità di accumulare ferie e permessi, la sicurezza di uno stipendio mensile. Piccole cose, ma che fanno una differenza enorme quando arrivi da una realtà in cui nulla è certo. In RAI ho imparato che la professionalità non si misura con il sacrificio personale, ma con la competenza, la responsabilità e la capacità di collaborare (ma ne parlo meglio qui). Ho capito che un buon ambiente di lavoro può davvero cambiare la percezione che hai di te stessa e del tuo valore.

Il lavoro in Italia: due estremi da evitare

La mia esperienza mi ha fatto riflettere molto sul lavoro in Italia, soprattutto per i giovani.
Nel nostro Paese, come in molti altri, c’è un problema profondo di mentalità. Le piccole realtà spesso non riescono (o non vogliono) riconoscere i diritti dei propri dipendenti, specialmente dei più giovani. Secondo i dati ISTAT del 2024, oltre il 24% dei lavoratori tra i 18 e i 29 anni si trova in una condizione di precarietà, con contratti temporanei o part-time involontari. Molti ragazzi, per inesperienza o necessità, accettano condizioni che non dovrebbero accettare: orari impossibili, paghe basse, mancanza di tutele. È una realtà che ho vissuto sulla mia pelle e che vedo ogni giorno intorno a me.

Ma, dall’altro lato, vedo anche un fenomeno opposto. Le nuove generazioni, forse per reazione a tutto questo, stanno sviluppando un rifiuto quasi totale del sacrificio. Sento spesso dire: “Questo lavoro non lo faccio”, “Non mi pagano abbastanza”, “Non è il mio sogno”. Ed è vero che bisogna sapersi difendere, non farsi sfruttare, mettere al centro la propria salute mentale. Ma a volte mi sembra che si stia passando da un estremo all’altro: dal lavoro senza tutele al rifiuto di qualsiasi fatica. La verità, come sempre, sta nel mezzo.
Serve equilibrio, serve consapevolezza. Bisogna imparare a dire no, ma anche a capire quando vale la pena dire sì. Bisogna pretendere rispetto, ma anche costruirsi con impegno e umiltà.

Una riflessione per i giovani

Scrivo tutto questo per chi, come me, si è trovato o si troverà presto a fare i conti con il mondo del lavoro.
Il mio consiglio è di non accettare tutto, ma neanche di scappare da tutto. Valutate le offerte, informatevi sui contratti, osservate l’ambiente di lavoro, ascoltate l’istinto. E soprattutto ricordate che la dignità viene prima di tutto, ma che la crescita personale richiede sempre un po’ di fatica.

Il lavoro, quello vero, non è solo una fonte di reddito: è anche una scuola di consapevolezza. Ti insegna chi sei, quanto vali e cosa non vuoi più accettare.
E se oggi guardo indietro, posso dire che anche dalle esperienze più dure ho imparato qualcosa.

Perché, in fondo, ogni lavoro lascia un segno — e ogni segno, se lo guardi bene, diventa una lezione.

Qui Sara Scrive, passo e chiudo!

Written by

Sara

Romana, classe 1998.
La maggiore delle sette sorelle Greffi.
Fondatrice di Sara Scrive, curiosa per natura e instancabile sognatrice.
Racconto la vita come un film — tra arte, storia e viaggi.