In questo caso, parliamo di una comedy targata NBC che mi sono ritrovata a vedere qualche giorno fa e che sono sul punto di finire: The Good Place. Si tratta di una serie televisiva nata nel 2016, con all’attivo due stagioni già presenti su Netflix, ambientata in un posto il cui nome è tutto un programma: il good place. Tradotto come “parte buona”, si tratta di una sorta di anticamera del Paradiso a cui ci hanno indottrinati, in cui finiscono tutte le persone che si sono dimostrate meritevoli nel corso della loro vita terrena. Professori, attivisti, avvocati ambientalisti e chi più ne ha più ne metta: nel good place vige una filosofia morale più che evidente, per cui i buoni vengono ricompensati con case da sogno, il potere di volare e, ancora più interessante, la loro anima gemella.

Ma non sono certo qui a recensire una serie che fa ridere: sono qui perché, per l’ennesima volta, la mia curiosità di traduttrice ha avuto la meglio, portandomi a uno switch continuo tra la versione doppiata in italiano e quella in lingua originale, alla ricerca di traduzioni di cui parlare.

Infatti, in The Good Place i personaggi giocano spesso con la lingua, creando interessanti giochi di parole ed espressioni che hanno dato non pochi grattacapi ai responsabili del doppiaggio. In questo articolo, vedremo gli esempi più esilaranti: quelli legati alla censura. Nella parte buona, infatti, le parolacce non sono ammesse e, ogni volta in cui Eleanor, la protagonista, si ritrova a imprecare, ciò che dice viene censurato e cambiato con una parola più o meno simile. Non siete curiosi?

Come fork diventa casco

La prima volta che Eleanor impreca, cercando di dire “Somebody really fucked up” [Qualcuno ha fatto un vero casino], l’autocensura la colpisce, nel primo di una serie di esempi che caratterizzeranno l’intera serie. Ogni volta in cui qualcuno cerca di dire fuck, fucking o motherfucker, il sistema lo corregge, usando una soluzione assonante e che strappa un sorriso: fork, vale a dire forchetta.

In italiano ci si trova davanti a due problemi, in primis il diverso modo di imprecare. Non siamo soliti usare l’equivalente di tutti gli insulti citati in precedenza e, quando lo facciamo, il suono è ben diverso. Il che ci porta alla soluzione adottata in fase di doppiaggio: quale insulto usiamo di più e, quindi, poteva essere la base da cui partire a giocare con la lingua? La risposta vi avrà già sfiorato – e, per motivi di censura, mi limiterò a dirvi che inizia con c e finisce con azzo.

La frase sopracitata diventa quindi: “Qualcuno qui deve aver fatto una colossale cascata”, parola assonante con cazzata. Così come pochi secondi dopo definisce quella stessa autocensura “una stroncata” al posto di stronzata – mentre in inglese Eleanor aveva appena “That’s bullshirt”, al posto di bullshit.

L’esempio più complesso finora è senz’altro durante il finale della prima stagione quando Eleanor stessa, dopo aver avuto un’illuminazione, afferma in inglese (già censurato): “Holy motherforking shirtballs”, un’imprecazione da Oscar che mette insieme tutti gli esempi visti nel corso della prima stagione. L’equivalente italiano non è da meno in quanto a creatività, anche se suona un po’ strano: “Gran figlio di poiana forcuta e malgascia” e be’, non credo di dovervi dire cosa avrebbe davvero voluto dire Eleanor.

 

Tutta questa filippica per dimostrarvi che anche le serie doppiate sono degne di nota e, in questo caso, vorrei fare un applauso a tutti gli adattatori che hanno dovuto giocare con la nostra lingua per cercare di dare lo stesso effetto e, soprattutto, di far ridere come in inglese.

Questi articoli sulla traduzione vi incuriosiscono? Segnalatemi qualche esempio e io ne parlerò!

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