Emily in Paris è la serie Netflix 2020 che ha fatto molto discutere ad Ottobre scorso. E io ne parlo ora. Un classico.
Prima di raccontarvi la trama, cominciamo chiarendo una cosa: è Emilì in Parì, non Èmili in Peris.

Sicuramente un prodotto leggero e senza pretese, questa serie ha spaccato il pubblico: da una parte chi ne richiedeva a gran voce la cancellazione e dall’altra chi pregava per un rinnovo. “Non importa cosa si dica, l’importante è che se ne parli”. La nuova commedia romantica si è subito distinta per il suo forte senso dell’umorismo e per aver reso gli stereotipi sui francesi il fulcro in primo piano rispetto alla trama.

Trama

Emily Cooper (Lily Collins, in italiano Federica Simonelli) è una ragazza americana di 20 anni di Chicago. Il suo capo è incinta e le ha affidato un compito molto importante: trasferirsi a Parigi. Nella capitale francese la protagonista avrà tante inaspettate opportunità, come lavorare per Savoir, azienda di marketing francese che la sua società ha appena acquisito. Sebbene il conflitto tra le due culture si sia inevitabile (mangia-baguette VS mangia-hotdog), Emily si adatta alla vita a Parigi e lavora duramente sulla sua carriera, stabilisce nuove amicizie e ama così tanto la vita da riuscire a sopravvivere brillantemente in questa affascinante nuova città.

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C’è troppa America in questa Europa

«Abbiamo messo in scena cliché e una singola visione di Parigi. Parigi è una delle città più variegate al mondo. Abbiamo così tanti modi di pensare, così tante nazionalità diverse, così tanti quartieri diversi. Una vita non basterebbe per sapere tutto quello che sta succedendo a Parigi» spiega Lucas Bravo prima di aggiungere che i critici francesi «non hanno capito che ciò he viene mostrato è solo ciò che è visibile da una certa angolazione. Loro dicono ‘no, questa non è Parigi’. Io dico che invece Parigi è anche questo, perché è molte cose» 1
Onestamente, a me non è dispiaciuto questo aspetto della serie. Se l’obiettivo era solo intrattenere, personalmente ho sorriso molto e mi hanno fatto venire una gran voglia di andare in Francia. E questo dovrebbe dire molto vista l’alta considerazione che ho dei  rivoluzionari cugini francesi.
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La manna non piove dal cielo, questa è la favola di una ragazza sveglia

Emily in Paris è una favola mondana fatta di vestiti firmati, nuovi amori ad ogni angolo della strada e un lavoro da sogno che tutti vorrebbero avere ma che quasi nessuno può ottenere, se non dopo il duro sacrificio e anni di esperienza nel settore. 2

In molti hanno lamentato anche una scarsa aderenza alla realtà: nel mondo di Emily non ci sono ostacoli duraturi, tutto quello che la protagonista desidera, ottiene. Quindi? Secondo me, questo è uno dei punti di forza della serie. Non è vero che non ci sono conflitti da risolvere. I problemi ci sono eccome. Il fatto è che la protagonista è sempre abbastanza sveglia e brillante da riuscire a trovare un modo per poterli superare. C’è anche quel pizzico di fortuna tipico delle serie, ma è per questo che si chiama mondo dello spettacolo no? E anche nella vita di tutti i giorni se sei abbastanza in gamba la fortuna non si scorderà di te.

Lo dico per esperienza. Sin dal primo momento mi sono rivista in Emily, sia per il contesto lavorativo in cui si trova (mondo della comunicazione), per il suo stile e per le sue complicazioni amorose. Anche se l’argomento social network viene trattato in maniera un po’ semplicistica e sbrigativa (ricordiamoci che l’argomento della serie non è questo), non mi sembra che alla protagonista sia servito tutto su piatto d’argento.

C’est l’amour

La legenda narra che uno dei motivi per guardare Emily in Paris è Lucas Bravo (Gabriel)… ma a me non dispiace neanche il personaggio di Antoine.

“Sai cosa fanno i francesi durante le loro ore più buie?”
“No, cosa?”
“Fanno l’amore”

Guardando Emily in Paris è difficile non farsi incantare dalla ricchezza e varietà degli abiti, dalla folgorante simpatia di Emily e delle sue amiche, dal gran numero di pretendenti che si susseguono ogni episodio, dall’affascinante lavoro svolto dalla protagonista e da una delle città più belle del mondo, la città dell’amore.

Dio benedica la Francia

Lily Collins è impossibile da non amare e poiché questa serie si basa molto su Sex and the City, anche Emily ha il suo equivalente di Mr.Big: il sexy chef parigino Gabriel (che assomiglia alla versione francese di Armie Hammer).

Il loro triangolo amoroso – che coinvolge anche la ragazza di Gabriel, Camille – sono il nodo centrale della serie. Questo a scapito di tutti gli interessanti personaggi introdotti dalla serie, da Antoine a Mathieu, alla stessa Mindy e la sua passione per la musica. Sicuramente la trama ha una forte lacuna da questo punto di vista, perchè la sceneggiatura è abbastanza acerba.  Sembra quasi di sfogliare la home di instagram piuttosto che proseguire in una narrazione degna di essere chiamata tale. Ma sono fiduciosa che la seconda stagione si sarà fatta forte delle critiche e porterà un salto di qualità alla storia.

Conclusioni? 

In poco tempo Emily in Paris ci ha già riempito di scene iconiche come l’indimenticabile “ringarde” di Pierre Caldaut. Una delle carte vincenti della serie è la breve durata delle puntate, che la rende facilmente godile. Peccato che finisca troppo presto. Io avrei previsto qualcosa come una trentina d’episodi a stagione, tanto per rimanere in tema Gossip Girl.  Per non parlare della colonna sonora (che vi lascio qui), James Newton Howard è sempre una garanzia.

Valutare per poi consigliare Emily in Paris è uno dei compiti più difficili da affrontare, perché se da una parte mi ritrovo di fronte a un prodotto dal fascino evidente, d’altra il forte escapismo la rende troppo superficiale in termini pratici. Come detto all’inizio però, bisogna comunque valutare le cose dalla prospettiva degli intenti: la serie raggiunge perfettamente il suo obiettivo, che è quello di ridere ed essere spensierati. Per dirla breve, tutto fumo e niente arrosto. La gloria di questa serie risiede nella messa in scena visiva e non nei contenuti.

Voi l’avete vista?

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Written by

Sara

Artista. Classe 1998. La big delle sette sorelle Greffi.
○ Fondatrice del blog Sara Scrive e manager della @Scrive_Squad
○ Content creator
○ Condivido la mia passione per l'arte e tutto ciò che sembra uscito da un film