Il caro vecchio Leopardi, per gli amici Leo o Giacomino, come preferite, ha fatto disperare non pochi studenti negli ultimi anni. Avete presente, no? Il grandioso poeta, lo scrittore filosofo o anche l’eterno poeta. Per noi: il pessimista per eccellenza. Però vi svelo un segreto: Leo non era un pessimista… vedeva solamente il mondo come un poso pieno di dolore. No, questo non è pessimismo: si tratta di realismo. Ma non siamo qui per parlare di questo! Ciò che ci interessa oggi è la causa del dolore umano. Secondo Leopardi la colpa sta nella Natura, la nostra matrigna che ci ha creati, ma continua a sottoporci alle avverse condizioni climatiche e alle intemperie. Uno degli scritti più famosi del poeta consiste nell’estremizzazione della “cattiveria” di questa donna che non si cura dei suoi figli. No, non parliamo de “l’Infinito” o di “A Silvia”, ma di “Dialogo della Natura e di un Islandese”. L’islandese, cercando un posto adatto in cui vivere, si imbatte nella Natura: madre austera e dura che sembra indifferente ai dolori dell’uomo.

A pochi giorni dal “Friday for Future” ho deciso di proporvi un mio vecchio scritto in cui ho in qualche modo invertito i ruoli. Qui sarà la Natura a parlare e ad esporre i propri problemi.

Buona lettura!

Dialogo della Natura

Il cielo era nuvoloso e il vento rigido faceva svolazzare sui marciapiedi e sulle strade fogli e cartacce di ogni genere. Le macchine sfrecciavano in tutte le direzioni tra le piazze, i condomini e i grattacieli che impedivano la vista delle montagne innevate attorno alla grande metropoli. A causa del freddo non c’erano molte persone a piedi e quelle poche che si scorgevano uscire dai negozi correvano veloci per raggiungere le proprie case. Tra questi vi era una giovanissima donna stanca a causa del carico di sacchetti della spesa che trasportava. Camminava arrancando vicino ai muri degli edifici e nonostante il desiderio di arrivare il prima possibile a casa, non poté che fermarsi in un piccolo vicolo laterale per riposare qualche minuto.

Lì, nella penombra, scorse una vecchia mendicante seduta per terra e con la schiena appoggiata ad un bidone della spazzatura. Era vestita di stracci mal cuciti insieme e che di certo non potevano nasconderla alla furia del tempo. Aveva le guance sporche di fuliggine, le mani imbrattate di quella che sembra essere benzina, i vestiti macchiati da sostanze multicolori ed i suoi capelli erano scombinati o mancanti del tutto in alcuni punti. I piedi scalzi erano forse le uniche parti del suo corpo a risultare pulite. La schiena curva, la pelle rugosa e i dettagli che il tempo aveva lasciato sul suo viso davano l’impressione di una donna che ha vissuto fin troppo e che ha subito vari abusi e maltrattamenti.

La giovane, evidentemente turbata dalla sua vista, si avvicinò con passo incerto. Scorse allora alcuni dettagli che la fecero rabbrividire. Gli occhi della mendicante erano di un blu profondo che le ricordava i fondali marini che vedeva insieme al figlio nei cartoni animati; e sembravano in continua evoluzione, come se il colore cambiasse senza sosta tonalità. I capelli, poi, nonostante il vento incessante non si muovevano, come neanche i suoi vestiti. Vicino a lei c’era una piccola pozzanghera di fango, ma quando vi immerse la punta del piede, questo si trasformò istantaneamente in acqua. Intorno al suo corpo si poteva percepire come una strana forza provenire da lei.

“Mi scusi” sussurrò a mezza voce la giovane. “Si sente bene? Ha bisogno di aiuto o di una coperta, magari? Qui fuori c’è molto freddo e… e lei dovrebbe gelare” aggiunse incerta. L’ultima frase sembrava assurda in confronto alla tranquillità che traspariva dai movimenti dell’anziana.

“Ho bisogno di tregua” rispose questa. “Mi state distruggendo voi umani. Ma tu corri, vai a casa a badare al tuo piccolo e prepara la cena per tuo marito. Non ti curare di me.” sorrise malinconica mentre il suo viso sembrava invecchiare di una decina di anni. “Perché dovresti preoccuparti? Dopo che i tuoi simili mi hanno ridotta a ciò che vedi e dopo che tu stessa hai contribuito con i tuoi atteggiamenti consumisti, perché ti stai fermando qui proprio adesso?”

“Io non capisco. Chi è lei? Di cosa sta parlando?” chiese l’altra palesemente confusa.

“Ho tanti nomi e tanti aspetti. Sono la Natura. Madre di tutte le creature, un tempo anche amica e vostra maestra di vita. Oggi però appaio così: vecchia, brutta e gobba. Non preoccuparti per il freddo: sono io a volerlo. Cerco di placare la vostra furia con il vento e con la neve, ma ormai non c’è molto da fare.”

La donna posò le buste della spesa per terra incerta. “Se sei davvero chi dici di essere, perché stai qui? Dovresti trovarti in una foresta o sulla vetta di una montagna: non di certo qui in questa città, tra cemento e ferro.”

“Io sono dappertutto. Puoi trovare un piccolo frammento della mia essenza ovunque ci sia anche uno dei miei figli. E voi umani siete tutti mie creature: vi ho donato la vita, vi ho insegnato a superare i problemi e vi ho donato l’immaginazione per far si che l’infelicità non prenda l’avvento nella vostra realtà. Vi ho fatto molti doni nel corso della vostra esistenza. Ho creato il fuoco solo per il vostro scopo pratico e con i miei poteri vi ho creato per voi un’infinità di meraviglie da ammirare. Vi ho concesso di cibarvi non solo di piante, ma anche di animali perché possiate avere una vita sana ed equilibrata. Vi ho sostenuto quando avete iniziato a sfruttare le mie risorse perché pensavo che una volta migliorate le vostre condizioni mi avreste ringraziato. Ma non è stato così: non vi è bastato. Avete sviluppato conoscenze che vi hanno portato si, a migliorarvi, ma che hanno danneggiato me. Avete preso tutto ciò che avete trovato e lo avete trasformato producendo inquinamento. L’aria è contaminata dai vostri fumi ed i mari sono pieni di plastiche e petrolio.” dicendo ciò cercò di pulirsi la fuliggine del viso con il dorso della mano, ma finì solo per sporcarsi con quella sostanza nera e viscida simile al carburante. “Avete prodotto fin troppe sostanze chimiche che corrompono l’ambiente e ammalano le mie povere bestie” diede una veloce occhiata ai propri vestiti. “Pensate di essere i padroni di questo mondo e di poter fare tutto ciò che volete, ma non capite che così facendo state rovinando non solo la mia esistenza, ma anche la vostra perché senza di me voi non potete esistere. Sono io a darvi la vita e sono io l’unica in grado di organizzare l’universo senza che questo sfugga in un caotico susseguirsi di eventi dannosi per tutti.”

“Ma hai detto che anch’io ho le mie colpe. Io però non ho fatto nulla: non creo sostanze chimiche, non sono una grande imprenditrice che sfrutta le tue risorse, o una cacciatrice, un personaggio potente in grado di recarti danno. Sono solo una giovane e non ho fatto mai nulla per offenderti!” la fanciulla iniziò a rabbuiarsi a causa delle accuse della Natura, non comprendendo come fosse possibile avere la sua parte di colpa in un circolo tanto perverso.

La Natura rise mentre i suoi occhi si scurivano sempre più. “Sciocca. Non capisci, vero? Non devi aver sradicato un albero o aver ucciso un animale in via di estinzione per essere colpevole. Guarda ciò che stai tenendo in mano e capirai. Sei uscita pochi minuti fa da un supermercato, no? Quante cose hai comprato? Fin troppe a giudicare dal tuo carico! Tutte quelle merendine per tuo figlio! E tre tipi diversi di birra per tuo marito! E per te? Quei cereali a basso contenuto calorico: quante scatole ne hai comprato? Quattro? Ma certo: erano in offerta!”

“Continuo a non capire!” sibilò l’altra evidentemente offesa.

“Il consumismo vi sta corrodendo dall’interno! Non potete fare a meno di comprare e comprare e comprare! Non pensate però agli sprechi che stanno dietro a tutto questo! Milioni di sacchetti di plastica che invadono i miei mari e le mie terre, uccidendo i vostri fratelli, anidride carbonica liberata nell’atmosfera, sostanze inquinanti buttate a destra e a manca, uso errato dell’energia elettrica, smaltimento inappropriato dei rifiuti, consumo esagerato delle mie risorse e non solo! Siete spinti dai vostri sentimenti egoistici e ignorate le conseguenze delle vostre azioni. E questo è solo il caso più banale. Impallidiresti a sentire tutto ciò che l’umanità mi fa ogni giorno, ciò che sono costretta a subire. Non immagini neanche tutte le umiliazioni e i dolori, le delusioni e la tristezza causata dalla consapevolezza che voi, miei figli prediletti mi state uccidendo lentamente. Ho sperato, ma invano. Non mi resta che combattere con le mie ultime forze, perché io non posso arrendermi alle vostre pretese. Ma tu dimmi: perché mi state facendo questo?”

La donna rise facendo un passo indietro. Non sopportava più la pesantezza del discorso che la stava mettendo a nudo davanti al suo orribile modo di vivere. “Non puoi permetterti di giudicarci! Non ne hai alcun diritto! Sei solo una vecchia megera e stai incolpando noi, unici giudici in grado di decidere il tuo futuro, di cose orribili. Non ho intenzione di ascoltare ancora questo delirio!”

“Ti prego” cercò di aggiungere la Natura con voce fievole mentre capiva di non poter fare altro. “Se mi ascolti, forse posso salvarmi. Sono le piccole azioni quotidiane a tenermi ancora in vita e se tu…” ma non fece in tempo a finire la frase che la giovinetta aveva già girato l’angolo.

La Natura tutt’oggi si rifugia provando a sperare in una condizione di vita migliore, ma è cosciente che sul nostro pianeta sono pochi coloro che cercano di preservare la sua integrità. E noi che viviamo la nostra quotidianità senza far caso alle nostre azioni scorrette, come possiamo credere di avere un futuro?

Spero che il mio lavoro abbia contribuito a farvi riflettere. La Natura ha bisogno di noi e dei piccoli gesti che possono aiutarla. Non possiamo pretendere di avere un futuro su un pianeta che sta pian-piano morendo! Pensateci! E provate anche voi a dare una mano.

Qui Diana Scrive, passo e chiudo!

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