L’illuminismo, stando alla definizione di Kant, segna l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità e libera gli uomini dalle credenze e dalle paure del Medioevo. Grazie all’illuminismo abbiamo assistito ad un continuo progresso tecnologico e morale, che ha portato l’umanità a migliorare le proprie condizioni di vita. Allora perchè oggi sembra diffondersi una sorta di controilluminismo e di progressofobia? Ce ne parla Steven Pinker nel suo saggio “Illuminismo adesso“.

La paura del progresso

A partire dagli anni Sessanta sel secolo scorso, la fiducia nel progresso si è ridotta e abbiamo assistito all’ascesa di movimenti politici che ripudiano gli ideali illuministici, nostalgici di un passato idilliaco anzichè fiduciosi in un futuro migliore. Vengono dunque imputati alla scienza dei crimini atroci e l’accusa di privare la vita del suo fascino, spogliando gli uomini di dignità.

I timori principali sono essenzialmente due:

  1. La natura: l’acquisizione di energia da parte degli uomini non viene vista come un modo per accrescere la prosperità e per opporsi all’entropia, ma come un odioso crimine contro la natura. Strappando il fuoco agli dei non abbiamo fatto altro che fornire alla nostra specie i mezzi per porre fine alla nostra esistenza, l’unica salvezza risulta quindi essere il ripudio della tecnologia.
  2. La solitudine: l’avvento della tecnologia ha condannato le persone a vivere un’esistenza atomizzata e materialistica, all’interno della quale soffrono di alienazione, noia, angoscia e apatia.

Le alternative alla ragione

In quest’ottica risulta quindi necessario trovare qualcos’altro a cui aggrapparsi, non appellandosi alla ragione ma a forze irrazionali: la religione e i nazionalismi.

Sia nella religione che nel nazionalismo vediamo gli individui come cellule sacrificabili in nome in un organismo maggiore (Dio e lo Stato), questo però porta gli uomini a sentirsi parte di una comunità, il che dà sicurezza.

Optimism gap: divario di ottimismo

Quando si chiede ad una persona se pensa che la sua situazione economica migliorerà l’anno seguente, la risposta che si ottiene è molto probabilmente positiva. Se invece si chiede alla stessa persona di fare una previsione su quella che sarà la situazione economica del proprio paese l’anno seguente, molto probabilmente la persona risponderà in maniera pessimistica.

Questo fenomeno è chiamato “optimism gap” e scaturisce dal fatto che molti pensano che il crimine, la disoccupazione, le droghe e i rifiuti siano un problema dello stato nel suo insieme ma che non sono problemi che li riguardano in prima persona. In questo contesto è quindi di primaria importanza l’influenza dei notiziari, colmi di notizie tragiche che ci fanno prospettare un futuro cupo. Ci troviamo di fronte ad una falsa percezione della realtà causata da distorsioni cognitive.

Un’eccezione a questo fenomeno si trova però nella memoria autobiografica, dal momento che la negatività di alcuni eventi si attenua con il passare del tempo e siamo esseri programmati naturalmente alla nostalgia.

“I bei vecchi tempi”

Sono due le illusioni che ci fanno credere che le cose oggi siano peggiori rispetto a come erano in passato:

  1. Scambiamo il fardello della maturità per un mondo meno innocente. Ciò significa che crescendo diventiamo più consapevoli, tuttavia siamo portati a pensare che in realtà sia il mondo ad essere meno innocente.
  2. Scambiamo il declino delle nostre facoltà per un declino dei tempi.

I bei vecchi tempi quindi non sono altro che il frutto di una cattiva memoria. Per questo motivo è più proficuo affidarsi ad un ottimismo illuministico, piuttosto che ad un declinimo romantico che è deleterio sia per noi che per gli altri.

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Veronica

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