Avete presente la malinconia? Quella sensazione non abbastanza intensa da essere tristezza, ma nemmeno positiva al punto di trasformarsi in benessere o quiete. Quel lieve turbamento che rende i contorni delle cose un po’ meno nitidi, non definiti. Ecco, se dovessi descrivere questa raccolta di racconti con una sola parola sarebbe proprio questa. Un’atmosfera dark, ma non troppo, che prende possesso persino dei personaggi, intrappolandoli in una coltre di nostalgia e voglia di lasciarsi trascinare.

Come sempre, diamo priorità alle “informazioni di servizio”: Ricordi di un vicolo cieco è una raccolta di cinque racconti pubblicati in Giappone nel 2003 e tradotti in Italia nel 2006, scritti dalla penna brillante e del tutto fuori dal coro di Banana Yoshimoto. I cinque racconti sono legati da un minimo comun denominatore: l’importanza dei legami a come anche solo una conoscenza del tutto casuale possa risvegliarci dal torpore. Nonostante le cinque storie siano legate da un filo non troppo sottile, ho deciso di recensire e valutarle una a una, per poi passare a un giudizio complessivo.

  1. La casa dei fantasmi VOTO: 5/5

Tra i cinque racconti è stato quello che mi ha colpito di più. Qui, la Yoshimoto racconta la nascita e l’evoluzione di una storia d’amore tra due giovani colleghi di corso. In sé e per sé il legame che li unisce non è niente di speciale, ma attenti: il trucco c’è e si vede eccome. I due amanti sono complementari come lo Yin e lo Yang. Da un lato lei, Setchan, una ragazza senza grilli per la testa, una di quelle che vorrebbe seguire la stessa strada di sempre, facile e già battuta. Lei che è brava a “continuare le cose” e quindi non smette di usare l’abaco o di esercitarsi con la calligrafia come quando era bambina. Una ragazza tranquilla, quasi immobile, che non rischia perché non ne sente il bisogno. Dall’altro lato c’è lui, Iwakura, uno spirito libero e vivace, difficile da contenere, un animo irrequieto che vuole solo lasciarsi il Giappone alle spalle. Due personalità opposte le cui vite sono destinate a intrecciarsi, perdersi e ritrovarsi, ma attenti al titolo: il segreto sta tutto lì.

 

  1. Mammaa! VOTO: 3/5

Un racconto alquanto insolito, la cui protagonista mi ha dato non pochi grattacapi. Matsuoka lavora in una casa editrice e viene avvelenata da un ex dipendente in collera con la scrittrice che lei rappresenta. Ancora scossa, la ragazza inizia a interrogarsi sulla sua identità, sul suo modo di vivere, fino a considerare quell’incidente come una sorta di benedizione. Questo secondo racconto mi ha entusiasmato solo fino a un certo punto, probabilmente per la poca empatia che ho provato nei confronti della protagonista.

 

  1. La luce che c’è dentro le persone VOTO: 5/5

Insieme al primo racconto, il mio preferito. Se dovessi associare una sola parola a questa storiella, sarebbe senz’ombra di dubbio “tenerezza”. Il sentimento che lega a doppio filo Makoto e Mitsuyo. I due si conoscono da bambini e scatta in loro un istinto di protezione reciproco. Ancora una volta, il lettore ha a che fare con persone che appartengono a mondi contrapposti: Makoto è di ricca famiglia, pieno di fratelli e sorelle, mentre nella famiglia della bambina sono solo in tre e di ricco non c’è niente. Mitsuyo è affascinata dalla vita patinata dell’amico e fa di tutto per passare quanto più tempo possibile a casa sua, circondata da tutto ciò che in casa sua non può avere. Ho adorato leggere del rapporto tra queste due anime così complementari, perché mi ha ricordato che i bambini hanno un solo modo di dare amore: incondizionatamente.

 

  1. La felicità di Tomo-chan VOTO: 3/5

Racconto più breve e, a parer mio, meno incisivo. La Yoshimoto racconta l’innamoramento di Tomo-chan nei confronti di un suo collega già impegnato. Ho trovato un po’ flebile il sentimento che la donna prova e che cerca di spiegare a parole, mentre, d’altro lato, ho davvero apprezzato il ricordo della violenza che la ragazza ha subito da adolescente. Ancora una volta, ho fatto un po’ fatica a entrare in sintonia con il modo di pensare della voce narrante, che parla di quell’episodio con un distacco quasi surreale.

 

  1. Ricordi di un vicolo cieco VOTO: 3,5/5

Il ciclo di racconti si chiude con questo piccolo microcosmo che dà il nome alla raccolta di racconti stessa. La protagonista, Mimi, finisce per essere ingannata dal fidanzato che sparisce all’improvviso  e stenta a crederlo o ad accorgersene a causa della sua troppa ingenuità. Ma è dalle crepe di quel precedente rapporto che entra la luce: ancora destabilizzata dalla fine del suo grande amore, Mimi va a vivere a casa dello zio e fa una conoscenza che cambierà per sempre la sua percezione delle cose e di sé stessa.

 

Conclusioni:

Banana Yoshimoto entra di diritto nella lista delle scoperte letterarie più belle di quest’anno. Devo ammettere che all’inizio ho faticato un po’ ad abituarmi all’atmosfera delineata dalla scrittrice – la riservatezza e pacatezza dei personaggi, il modo disincantato che hanno di vivere, come se nemmeno il più grande dolore li toccasse. Leggerla è come entrare in una bolla alquanto bizzarra, ma a cui ci si finisce per abituare.

10 e lode al traduttore, Giorgio Amitrano, che ha reso il passaggio da giapponese a italiano non solo possibile, ma assolutamente piacevole. Che dire? Una bella raccolta dove, da tanto buio, entra qualche spiraglio, anche nei posti più inaspettati.

VOTO: 4/5

 

Quanti fan di Banana around here?

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