C’era una volta uno scrittore di talento.

C’era una volta una raccolta di storie con protagonista Geralt di Rivia dal titolo “Il guardiano degli innocenti”; poi sono arrivati i romanzi, una serie di videogiochi, e infine, dopo una fallimentare produzione polacca, il “Witcher” di Netflix.

Ho letto “Il guardiano degli innocenti”, giocato al terzo episodio del videogame “The witcher: wild hunt”, iniziato il secondo libro e visto la serie tv. I primi racconti di Andrzej Sapkowski sono del tutto eccezionali, epici, avvincenti, forti di una scrittura potente e evocativa. In ambito videoludico, “Wild hunt è un autentico capolavoro. Il serial con Henry Cavill…be’, è una merda.

Perché?

Perché si tratta di un’occasione sprecata che solo a tratti evoca lo spettro del capolavoro che avrebbe potuto, e dovuto, essere.

Iniziamo col clamoroso miscasting: molti sostengono che Henry Cavill sia un cagnaccio ignobile, buono solo a deliziare le signore e del tutto incapace di recitare. Non sono d’accordo: ritengo il suo Superman il migliore di tutti i tempi. Datemi fuoco ma l’espressione disorientata (e colpevole) che esibisce ogni qualvolta i terrestri lo acclamano come un nuovo messia vale da sola il prezzo del biglietto.

Nei panni di Geralt di Rivia non risulta altrettanto efficace. D’altra parte anche Marlon Brando o Sir Lawrence Olivier, con in testa l’inguardabile parrucca imposta dalla produzione, avrebbero faticato a risultare credibili, e il buon Cavill non è né l’uno né l’altro.

Affidato il ruolo del protagonista a un attore americano tanto bello da sembrare finto, anziché circondarlo di comprimari e comparse altrettanto prestanti, si è pensato bene di scritturare gente dall’aspetto comune nel migliore dei casi, pescando tra gli scarti di un circo nel peggiore. “Superman” si muove di conseguenza in compagnia di una moltitudine di disgraziati col nasone, le orecchie a sventola, spalle asimmetriche e incresciose panze. L’effetto è un costante pugno in un occhio: perfino il ruolo della coprotagonista, Yennefer di Vengerberg, nei romanzi la strafiga definitiva, ai piedi della quale ogni creatura caratterizzata da una qualche sessualità è destinata a prostrarsi, viene assegnato a una (Anya Chalotra, doppiata da Benedetta degli Innocenti) che se la vedi per strada pensi “Gran bella ragazza”, sullo schermo riesci a scordarne il naso, non propriamente delicato, solo quando si spoglia.

Al netto di qualche combattimento ben coreografato l’azione latita, i dialoghi sono talmente banali che sfido chiunque a ricordare una singola battuta. La trama procede per inerzia, lungo linee temporali assemblate a cazzo di cane, con la scusa che Geralt non invecchia (e manco alcuni altri personaggi). Combinare un tale disastro adattando per la tv un’opera mediocre sarebbe stato comunque imperdonabile: a fronte di un prodotto di altissimo livello come “Il guardiano degli innocenti” equivale ad una bestemmia.

Altra mossa azzardata  è stata collocare attori afro/americani o afro/polacchi in un contesto il cui massimo punto di forza consisteva nelle atmosfere tipiche del folklore medievale est europeo. Come premesso, ho solo iniziato il secondo volume della saga, ma credo, stando al videogioco, che le occasioni per fare il giusto utilizzo di attori neri si sarebbe presentata ben presto nelle stagioni successive, quando parte dell’azione si sposta a sud. Stando le cose come stanno, il calderone di razze presente nell’universo narrativo proposto da Netflix evoca più quello buffonesco di Elder’s Scroll che quello serissimo e verosimile di Wild hunt.

Le armature sono finte. Gli sgherri, qualsiasi fazione appartengano, goffi e ridicoli: Henry Cavill per contro pare una rockstar sotto steroidi (quale è palesemente) e sfoggia la cotta di maglia più figa della storia del cinema.

E’ d’obbligo essere politically correct tanto da inserire (l’ho già scritto?) attori neri anche tra gli elfi, ma quando Yennefer di fatto stupra un’intera cittadina costringendo i villici, assoggettati con la magia, a far sesso di gruppo per il proprio bieco sollazzo si sceglie di riderci su, che tanto è finto.

Se The walking dead era riuscito a stravolgere l’ottima base grafico/letteraria dando origine al ben noto polpettone indigesto e insipido, “The witcher” è riuscita addirittura a far peggio.

Complimenti!

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