Ci sono libri che, quando li apri, sai già a cosa vai incontro. In questo caso, considerato il titolo non proprio sbarazzino, ero già consapevole che la storia di Tessa mi avrebbe fatto male. E così è stato.

Voglio vivere prima di morire è il romanzo d’esordio dell’autrice inglese Jenny Downham. Il libro ha ricevuto un ottimo riscontro, tanto da vincere il Branford Boase Award nel 2008 ed essere trasformato in un film nel 2012, con il titolo di Now is good.

Tessa è una ragazza di 17 anni che convive con la leucemia da quando ne aveva solo 13. La sua vita è fatta di cartelle cliniche, ricoveri d’urgenza e continue trasfusioni per permetterle anche solo di stare in piedi. All’alba del suo quarto anno da paziente, Tessa prende una decisione drastica: vuole vivere, anche se significa morire. Come? Rinunciando piano piano alle cure che le promettono più tempo, a le succhiano via l’energia. Per farlo, stila un elenco di cose da fare: fare sesso, dire di sì a tutto per un giorno intero, innamorarsi, provare qualche droga. Un giochetto che le si ritorcerà contro il più delle volte. Ma più di tutto, Tessa vuole prendere a morsi quella vita da adolescente che le è stata negata. Grazie a Dio non è sola in questa folle impresa che assomiglia sempre di più a un’avventura priva di proibizioni: Zoey, l’amica di sempre – ribelle quanto basta – Cal, il fratellino, e infine Adam, il ragazzo della porta accanto – letteralmente. Sì perché nella lista di Tess al numero 8 c’è innamorarsi e sarà anche grazie a quel sentimento che la ragazza riuscirà a non autodistruggersi.

Be’, che dire? Potrei dire che questo romanzo mi è piaciuto dalle prime pagine, ma mentirei. Per le prime 100 pagine, il racconto di Tess è un po’ troppo stereotipato e carente di quel sentimento che, successivamente, infiamma le pagine seguenti: la rabbia.

Tess è arrabbiata e come darle torto? Lo è quando qualcuno la tratta con dolcezza anche se lei non se lo merita, perché vede solo la malattia. Lo è quando qualcuno sembra essere già andato avanti con la sua vita senza includerla. Ma più di tutto, Tess si arrabbia perché sa benissimo che quella lista, iniziata come un gioco, non sarà mai davvero completata.

Un altro sentimento predominante, che incatena il lettore alle pagine, è la paura. All’inizio, è Tess stessa a chiedere all’amica: “Zoey, te l’immagini avere continuamente paura?” Parliamoci chiaro: Tess è consapevole di come andrà a finire la sua storia, di non avere più molto tempo a disposizione, ma teme comunque la morte. Quando lo fa torna un po’ bambina, come se non riuscisse a svegliarsi da quel brutto sogno. Ho trovato molto calzante l’idea dell’elenco, per quanto pensassi che ci sarebbero stati obiettivi un po’ diversi a coronare la vita di Tess. Una specie di wish list perché non ha più niente da desiderare, ma, allo stesso tempo, non sa smettere.

“Ho due scelte: o avvoltolarmi nelle coperte e continuare a morire, o rimettere insieme l’elenco e continuare a vivere”. Ed è così che Tess rinasce: scrollandosi di dosso l’autocommiserazione e  vivendo come farebbe qualsiasi diciassettenne. La sua impertinenza mi ha quasi infastidito e per questo è tutto così credibile. Tess, infatti, non è solo la sua malattia, ma carne viva, risposte acide, voglia di fare. È affamata di tutte quelle sensazioni che vedeva solo attraverso la vita degli altri.

Uno dei grandi punti positivi di questo libro dai toni giovanissimi è senz’altro la storia d’amore che si legge tra le righe, dolcissima ma mai stucchevole. Ho anche trovato molto tenero il rapporto che Tessa ha con i membri della sua famiglia, tutti diversi ma particolareggiati. Quello con il padre, che ancora spera di veder crescere la figlia, di assistere a un miracolo, che si preoccupa per lei quando lei non lo fa. Quello con il fratello, Cal, che cerca di mostrarsi forte, ma a volte crolla. E quello travagliato con la madre, talmente poco abituata ad esserci da scappare via di fronte a un po’ di sangue.

Lo stile della Downham è un po’ discontinuo e cresce di pari passo con la protagonista. Personalmente, credo che il traduttore avrebbe potuto sforzarsi un po’ di più ed evitare tutte quelle note che, a volte, tendono a distrarre. Ovviamente, questo non è né il primo né l’ultimo libro che cerca di raccontare la storia di una ragazza con una malattia terminale, ma devo spezzare una lancia a suo favore in quanto a onestà. Tessa dice le cose come stanno, senza filtri, senza indorare la pillola al lettore o a chi la circonda.

Ottima la carica emotiva, che buca la pagina e lascia il lettore con il cuore a pezzi. Una storia con cui anche i più cinici si lasceranno andare a una lacrimuccia e che va avanti – ma non sempre – grazie alla voglia di vivere della protagonista.

VOTO: 3/5

 

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