Il 21 febbraio 2001, in via don Beniamino Decatra, si consuma il Delitto di Novi Ligure. É così strano pensare che a sedici o diciassette anni si è capaci di compiere un gesto di tale efferatezza contro la propria famiglia.

Erika e Omar: il movente

Erika De Nardo e Mauro “Omar” Favaro all’epoca della strage avevano rispettivamente sedici e diciassette anni. Fidanzati, due ragazzi come tanti, capaci di mettere in scena uno dei delitti più raccapriccianti della cronaca nera italiana. Un duplice omicidio premeditato contro la madre e il fratello di lei, Susanna Cassini e Gianluca De Nardo.

Quando accadono fatti del genere è lecito pensare che il movente dell’agire umano sia “giusto” o quantomeno necessario; quante volte sentiamo parlare di maltrattamenti in famiglia, figli sfruttati, malmenati, derisi o costretti in situazioni pericolose. Eppure, in questa particolare vicenda, abbiamo uno dei moventi più futili a cui si possa pensare: i brutti voti. Lo scarso rendimento scolastico di Erika De Nardo era motivo di continui litigi con i genitori che le rimproveravano di frequentare cattive compagnie e di non impegnarsi a scuola.

Proprio in questo ambiente matura l’idea della De Nardo di eliminare la madre e il padre; la ragazza, ferma con la sua idea, riesce a convincere il fidanzato Omar ad aiutarla a compiere quest’ultimo gesto per liberarsi dei loro continui rimproveri.

La dinamica

Il piano era semplice, al rientro dei genitori di lei a casa, Erika e Omar avrebbero ucciso entrambi a coltellate. I due giovani non fanno, però, bene i conti e si ritrovano in casa della De Nardo con la madre Susanna e il fratellino Gianluca. Il padre è temporaneamente via per lavoro.

Indecisi, in un primo momento, sul da farsi, procedono con l’intento di eliminare solo la madre. Omar si nasconde in un bagno al piano terra, Erika va in cucina a parlare con la madre. Tra le due scoppia un’altra lite riguardo i voti, l’ultima per Susanna, che viene raggiunta da un fendente sferrato rapidamente dalla figlia. Subito Omar arriva in aiuto della fidanzata e i due cercano di limitare le urla della madre tappandole la bocca con le mani. Susanna cerca di dimenarsi per sfuggire alla furia omicida dei due tanto da arrivare ad urtare contro il tavolo della cucina, spezzandolo in due. Alla fine Erika e Omar hanno la meglio e uccidono la madre di lei sferrandole 40 coltellate.

Nel mentre, al piano di sopra, il fratellino Gianluca sente cosa sta avvenendo al piano inferiore. Scende le scale e si trova davanti una scena sconcertante: la madre riversa a terra in una pozza di sangue con Erika e Omar in piedi. I due si accorgono della presenza del ragazzo e subito lo raggiungono sferrandogli un fendente. Il colpo porta ad uno schizzo di sangue che macchia il cavo del telefono della cucina. Erika spinge il fratello verso il bagno affermando di volerlo aiutare a medicarsi e tenta di somministragli della polvere topicida; il fratello, impaurito, cerca rifugio nella sua stanza dove viene però raggiunto dai due che gli sferrano ulteriori coltellate fino ad ucciderlo. Il totale dei fendenti affondati nel corpo del piccolo Gianluca è di ben 57.

Il delitto perfetto e la realtà dei fatti

Inizialmente l’omicidio del fratello non rientrava tra gli obiettivi dei killer, ma la sua presenza ne fece uno scomodo testimone. Inoltre, compiuto il duplice omicidio, Erika avrebbe voluto aspettare il rientro del padre per completare l’opera ma Omar, troppo stanco, decise di tornare a casa.

Prima e dopo il crimine entrambi i giovani presero vari accorgimenti per evitare ogni possibile accusa. Entrambi i giovani indossarono dei guanti per limitare le tracce sulle armi, Erika alzò al massimo il volume dello stereo per evitare che i vicini udissero le grida; le armi furono lavate per cancellare le impronte, un coltello fu gettato nei rifiuti, mentre l’altro fu lasciato sul pavimento della cucina.

Inoltre, con lo scopo di sviare gli inquirenti, Erika, alle 21:00 iniziò a vagare vicino casa invocando aiuto. Affermò che una banda di criminali aveva assassinato la madre e il fratello alla fine di una rapina andata male. La stessaa Erika fornì addirittura un identikit dei possibili killer.

Inizialmente i Carabinieri credettero alla sua versione. Però, dopo vari accertamenti fu riscontrato che non vi erano state forzature alla porta o alle finestre della casa, che le armi utilizzate erano due coltelli presenti in casa e che non era stato portato via nulla.

Ben presto i sospetti ricaddero proprio su Omar e Erika che alle 22:00 furono convocati come persone informate dei fatti e lasciati soli nell’anticamera della caserma dei Carabinieri. Grazie alle microspie si riuscì a sentire i due che parlavano della dinamica dell’omicidio, dei possibili risvolti dell’indagine oltre che di una fantomatica fuga da intentare nel caso in cui fossero passati da sospettati a imputati.

Da sospettati a imputati

Il giorno seguente, i due fidanzati furono posti in stato di fermo e condotti al carcere minorile di Torino.

Da quel momento, svelata come mendace la versione della rapina, Omar ed Erika iniziarono a confessare addossando l’intera colpa l’uno sull’altra. Inoltre, Erika tentò più volte di contattare Omar per concordare una versione dei fatti comune, per questo fu condotta in un altro istituto di pena a Milano.

A causa delle dichiarazioni dei due volte a scagionarsi dall’intera responsabilità non fu possibile ricostruire in modo organico la dinamica del duplice omicidio. Spettò quindi ai RIS di Parma stabilire che la responsabilità e partecipazione al delitto fu allo stesso livello per entrambi.

Il decorso giudiziario

Il processo a carico di Erika e Omar si celebra il 14 dicembre 2001. Il Tribunale per i Minorenni di Torino li condanna rispettivamente a 16 e 14 anni di reclusione. Successivamente, la Corte d’Appello nel 2002 e la Cassazione nel 2003 confermano le condanne sancendo la responsabilità dei due per il Delitto di Novi Ligure.

Secondo le sentenze di condanna, l’ideazione del duplice omicidio è da imputare ad Erika seppur Omar ha acquisito, agendo materialmente, un ruolo paritario a quello della sua fidanzata.

Conclusioni

Il Delitto di Novi Ligure fu realizzato in piena capacità di intendere e di volere dalla premeditazione fino all’esecuzione materiale.

Oggi, sia Omar Favaro che Erika De Nardo sono liberi e vivono la propria vita distanti. Omar ha sempre dichiarato di non serbare alcun rancore per Erika; quest’ultima, invece, ha continuato ad addossare l’intera colpa della strage al ragazzo, ribadendo la propria innocenza.

 

Vi invito a leggere il mio ultimo articolo dedicato ad uno dei misteri più sanguinosi e oscuri del nostro Paese: Il Mostro di Firenze.